L’istituto della recidiva ha seguito un percorso evolutivo tormentato, oscillando dall’obbligatorietà applicativa, in tensione col principio di proporzionalità della pena in ragione della gravità del fatto, alla discrezionalità giudiziale, in tensione col principio di legalità.  Tale percorso è stato segnato da plurimi interventi della Corte costituzionale, che hanno ridotto di molto gli automatismi applicativi, e delle Sezioni Unite, che hanno ridisegnato l’istituto in termini di maggiore colpevolezza/pericolosità del recidivo, rispetto al reo primario.  Da ultimo le Sezioni Unite si sono pronunciate sulla vexata quaestio se il riconoscimento della recidiva reiterata presupponga necessariamente quello della recidiva semplice. La recente sentenza n. 32318/23 nega la pregiudizialità, a salvaguardia della pienezza cognitiva del giudice dell’ultimo fatto. L’autore la commenta favorevolmente e individua, inoltre, un criterio discretivo generale per risolvere le questioni interpretative sui c.d. “effetti minori”, secondo che la recidiva sia presa in considerazione come fatto storico, consistente nella mera sequenza di condanne, o come disvalore, che giustifica l’aggravamento di pena.
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The legal institution of recidivism has had a troubled development, ranging from mandatory application, which clashes with the principle according to which punishment should be proportional to the offense, to judicial discretion, which clashes with the principle of legality. The Italian Constitutional Court has intervened many times on the matter, greatly reducing its automatic application, and the rulings of the Joint Divisions of the Corte di Cassazione have redesigned the institution, in terms of the greater culpability/dangerousness of the recidivist, compared to the first offender. Most recently, the Joint Divisions have ruled on the vexed issue of whether the recognition of repeated acts of recidivism necessarily presupposes a simple degree of recidivism. The recent judgment No. 32318/23 denies any prejudicial approach, to protect full knowledge by the court dealing with the latest offence to be committed. The author comments on it favorably and identifies, moreover, a general discretionary criterion for resolving interpretive questions on the so-called “minor effects,” according to whether recidivism is taken into account as a historical fact, consisting of the mere sequence of convictions, or as a disvalue, justifying an aggravating penalty.

Alì Abukar Hayo
Ordinario di Diritto penale nell’Università degli Studi di Roma “Unicusano”

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Rivista quadrimestrale di scienze penalistiche
ISSN 2974-7503

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